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Music

“Other Lives”

  Titolo: “Other Lives” Autore: Other Lives Anno/Editore: 2009 Tbd Video: Guarda il video Allegato: Scarica Allegato

Recensione a cura di Ugo Sottile

Una delle cose più belle della musica è che riesce ad esprimersi, attraverso l’infinita possibilità di combinazioni e sonorità globalmente diverse; è stata una splendida sorpresa scoprire gli “Other Lives” band americana originaria dell’Oklahoma che si misura in modo perfettamente naturale con un suono di tipo sinfonico, non disdegnando le classiche connotazione di un rock ormai evoluto che non tralascia per nulla i riferimenti classici usando a propria misura varie contaminazioni che conferiscono al gruppo un suono inconfondibile. Le armonie si disperdono nell’aria avvolte da una morbida malinconia di cose disperse o dimenticate che ti ritornano alla memoria struggenti come se le stessi rivivendo, rimandando a  scenari di una splendida solitudine dove la natura si riappropria del proprio ruolo di madre e ti conforta cullandoti nel suo grembo; foglie dai colori autunnali scendono delicatamente al suolo spinte da un vento leggero ed impalpabile e giunte a terra si stratificano in un tenero giaciglio pronto ad accoglierti, ti senti circondato da colori tenui che attraversano tutta la gamma delle  tinte pastello; ma niente di melenso, perfettamente a tuo agio, quando la musica riesce ad evocare simili sensazioni ti rendi conto anche della sua funzione di grande consolatrice e come possa servire per riscoprire sensazioni perdute e ricreare una sottile linea di comunicazione con il tuo spirito rimasto addormentato da troppo tempo e ritornato a guidarti in un mondo parallelo che ti accoglie con la cortesia riservata ad un “Ospite inatteso”. L’album di esordio lasciava presagire tutto ciò, la voce narrante di questa favola è quella di Jesse Tablish, accompagnata da strumenti ormai prestati al rock e per fortuna mai restituiti, piano, violoncello, partiture per archi si mischiano e si confondono con le chitarre spesso acustiche e con le percussioni mai ingombranti, così succede in “Don’t Let Them” o in “Speed Tape”; come non citare la sontuosa “Black Tables” che ti stende al primo ascolto senza alcun  bisogno  di impennate sonore, completa di rimandi frippiani con il suo intermezzo di mellotron che fa sfacciatamente il verso ai gloriosi KING CRIMSON, il vago progressive a stampo sinfonico di ”End of the Year”, la bellissima melodia del  nostalgico walzer di  ”E Minor” intriso di nostalgia, ”Paper Cities ” è una  ballata semplicemente monumentale, ”Matador” si apre con il suono di una tromba spagnola, quasi una  dedica ad Hemingway proprio perché la loro musica sembra scivolare come la lettura di un buon libro, ”It Was the Night” e “How Could This Be” indubbiamente richiamano mr. Chris Martin dei Coldplay prima maniera, anche se le orchestrazioni degli Other Lives sembrano decisamente più articolate e complesse, “AM” deliziosa con il suo suono western che incede appunto come una lenta cavalcata, “Epic” è il pezzo finale,  con  il suono di un pianino dal timbro mitteleuropeo di inizio  secolo scorso accompagnato dal solito cello e si apre magnificamente ad un suono decisamente orchestrale con profusione di archi, nostalgica nota finale di questa notevole opera prima. Non contenti di tutto questo nel 2011 esce il loro secondo album ”Tamer Animals”, poteva essere non facile riuscire ad elaborare una sequenza perfetta come nell’album d’esordio, ma gli Other Lives dimostrano che la loro musica continua a viaggiare attraverso dimensioni stratosferiche, non riesco a decidere se sia o no più o meno bello del precedente, ma in fondo cosa importa, si tratta di una splendida conferma, le idee del gruppo continuano a stupirti, le dimensioni del suono sono simili, anche se l’album in un certo senso sembra anche più complesso anche se non so dirvi come, dove e perché. ”Dark Horse” il pezzo d’apertura ti  affascina da subito con la sua architettura barocca e l’uso di un falsetto per nulla stucchevole, ”For 12” è eccezionale con il delicato arpeggio di chitarra acustica country western, contrappunti di piano e fondamentalmente Jesse Tablish che si esalta  affrontando con le sue corde vocali sentieri impervi, l’epica “Tamer Animals” che dà il titolo all’album si evolve  con  incedere elegante orgogliosa di se, la  polvere di “Dust Bowl III” ti soffia intorno confondendoti, quando implode “Old Statues” piccolo gioiello con le sue sfumature variegate che giocano con l’uso dei cori, musica da colonna sonora ed il ritornello delicatamente pop; sembra di essere dentro un film dove interpreti te stesso, “Wood wind” dal “glassiano” inizio minimale finisce quasi troppo presto,  “Landform” sembra evocare paesaggi orientali, ”As I Lay My Head Down” ambiziosa con l’intelligente uso in sottofondo di un impianto coristico dal vago sapore di est europeo, ”Weather” imperdibilmente malinconica, ”Heading East” sembra il lento ritorno a casa da un viaggio che ti ha lasciato dentro un mucchio di bei ricordi ed è il saluto degli Other Lives ai loro ascoltatori. 

 

 

 

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per la sua vignetta.
 
Fonti Numero 21, 19 Luglio 2012:

Si ringraziano altresì:

Il Ministero della Salute
 e
L’ISS

Il Consiglio Sanitario Toscano
per le SNLG

IL Giornale Italiano di Medicina
del Lavoro ed Ergonomia 
PI-ME,
Pavia ISSN 1592-7830
http://gimle.fsm.it

Le Infezioni in Medicina
www.infezmed.it/
MenuIniziale.aspx

Intensive Care 
Edizione Italiana

Bollettino di Microbiologia
e Indagini di Laboratorio
Editore Sirse Srl


Biomed Central Open Acces
http://www.biomedcentral.com/

 

 

 

Aggiornato al: 19 Luglio 2012



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